Nel caso in cui un agricoltore trovi nei propri terreni agricoli o fabbricati dei rifiuti abbandonati illecitamente è bene che sappia come comportarsi e quali sono i propri diritti. Il processo di rimozione e di smaltimento può infatti essere lungo e talvolta può essere a carico del proprietario del fondo
In campagna capita spesso che l'agricoltore trovi abbandonati al suolo rifiuti di vario genere: sacchi dell'immondizia, macerie, elettrodomestici, ma anche rifiuti industriali smaltiti illegalmente. Se per piccoli quantitativi l'agricoltore si può armare di santa pazienza e provvedere a ripulire, nel caso in cui i volumi siano ingenti o si tratti di materiali pericolosi (come l’amianto o i residui di materiale medico) è necessario che ad intervenire siano ditte specializzate, i cui servizi hanno tuttavia un costo elevato.
Cosa prevede la normativa vigente in tema di rimozione e smaltimento di rifiuti abbandonati nei terreni agricoli? Si tratta, è bene dirlo, di norme chiare e puntuali espressamente previste nel Testo Unico Ambientale (D.Lgs 152/2006) che, tuttavia, vengono spesso disattese o disapplicate dai Comuni, talora per una approssimativa conoscenza della legge, talaltra per mero calcolo economico. È bene dunque sapere come comportarsi per far valere i propri diritti.
Quando un agricoltore trova dei rifiuti abbandonati nei suoi campi la prima cosa che deve fare è avvertire l'autorità competente (nello specifico, la Polizia municipale o, in subordine, i Carabinieri forestali) in quanto l'abbandono di rifiuti è un reato perseguito dalla legge. Dalla denuncia scaturiscono due procedimenti distinti e paralleli: da una parte, quello penale, gestito dalla Procura, il cui fine è identificare l'autore del fatto illecito; dall'altra, quello amministrativo, di competenza del Comune, che ha l'obiettivo di individuare il soggetto cui compete la responsabilità economica della rimozione e dello smaltimento dei rifiuti.
All'esito della denuncia, l'autorità giudiziaria pone i rifiuti sotto sequestro (il periodo, di norma, è di sei mesi, ossia la durata per legge delle indagini preliminari). Durante questo lasso di tempo l'agricoltore non può assolutamente spostare o manipolare i rifiuti, con le ovvie e pesanti conseguenze sull'operatività dell'azienda agricola stessa.
Se le autorità inquirenti identificano l'autore del reato (cosa che non accade quasi mai) questo risponde in prima persona sia del fatto penale sia dei costi economici per la rimozione e lo smaltimento dei rifiuti.
Nel caso in cui, invece, il responsabile non è identificato, l'individuazione del soggetto (pubblico o privato) tenuto a pagare le spese dipende dagli esiti del procedimento amministrativo attivato dal Comune. Il problema sta proprio qui. Infatti, sebbene la normativa vigente sia chiara sia sulle modalità di svolgimento di questo procedimento sia sui principi giuridici in base ai quali gli Uffici comunali sono tenuti a individuare il soggetto cui spetta pagare, spesso, nella prassi, si assiste, da parte dei Comuni, a una sistematica disapplicazione della legge, consistente nell'imposizione dei costi di rimozione e smaltimento dei rifiuti automaticamente in capo al proprietario del terreno, per il solo fatto di avere la titolarità del bene.
L'articolo 192, comma 3 del Testo Unico Ambientale stabilisce che il proprietario del terreno sia tenuto a pagare i costi della rimozione e dello smaltimento dei rifiuti illecitamente abbandonati sul suo fondo unicamente ove il Comune comprovi il suo comportamento doloso o colposo nella commissione del fatto. Esclusa l'ipotesi che il proprietario abbia consapevolmente partecipato al reato (dolo), in cosa consiste la colpa che il Comune è tenuto a dimostrare? Nella prova che il terreno in cui i rifiuti sono stati sversati sia abbandonato o, comunque, lasciato all'incùria, poiché tale condizione è idonea di per sé a favorire la commissione del fatto illecito.
Dunque, se il Comune non riesce a dimostrare, con prove fattuali e documentali, che il campo versa in stato di abbandono o di incùria, il proprietario del terreno è sgravato da qualsivoglia obbligo di rimozione e smaltimento dei rifiuti e le spese per quelle operazioni spettano in via esclusiva al Comune che, per legge, è l'ente territoriale competente alla gestione dei rifiuti dislocati nelle sue campagne. Se il Comune è inadempiente, i costi sono sopportati in via sussidiaria dalla regione, che - a operazioni concluse - può tuttavia rivalersi sul Comune stesso delle spese sostenute.
Pertanto, qualora durante il procedimento amministrativo attivato dal Comune, l'ente motivi con atto scritto le ragioni per le quali ritiene che il campo, al tempo dello sversamento illecito, fosse in stato di abbandono, chiedendo, quindi, al proprietario del terreno di portare prove a sua discolpa prima di emettere l'ordine di smaltimento a suo carico, è sufficiente comprovare che il fondo era stato comunque lavorato, oppure che vi insisteva una coltura piuttosto che l'appezzamento era all'interno dei piani colturali o che erano state fatte le operazioni di sfalcio o di manutenzione, o che il terreno era soggetto a vigilanza costante da parte del proprietario stesso o, in ipotesi, da guardie private.
Insomma, qualunque prova atta a dimostrare la cura dell'agricoltore verso il terreno, anche se momentaneamente incolto, è determinante per asseverare la non sussistenza di uno stato di abbandono. E quindi, se non c'è abbandono, è il Comune che deve provvedere economicamente alla rimozione e allo smaltimento dei rifiuti.
Rifiuti abbandonati, ecco come cautelarsi
I problemi arrivano quando il terreno è effettivamente abbandonato. Se ad esempio dei delinquenti sversano i rifiuti in un terreno marginale, non curato dall'agricoltore perché non produttivo, a pagare per la rimozione è il proprietario del terreno stesso. Idem se i rifiuti vengono depositati all'interno di un casolare abbandonato, magari diroccato, lasciato a se stesso perché pericolante o non più utile alle attività dell'azienda. In questo caso è l'agricoltore a dover provvedere allo smaltimento. E nel caso i quantitativi siano ingenti o si tratti di rifiuti speciali, i costi possono essere anche molto elevati.
In via precauzionale, dunque, se si vive in un'area afflitta da questo problema sarebbe bene evitare di avere terreni o edifici abbandonati. Per quanto riguarda gli edifici, può essere utile interdirne fisicamente l'accesso ed applicare cartelli che vietano lo sversamento dei rifiuti. In questo modo si possono provare davanti all'autorità competente gli sforzi fatti per evitare l'abbandono. Per quanto riguarda i campi non produttivi la situazione è più difficile, ma si può provvedere ad esempio con degli sfalci, dei pascolamenti, oppure con delle lavorazioni leggere del suolo.
Comuni poco preparati sui reati ambientali
Non sempre i Comuni agiscono nel rispetto puntuale della legge e delle procedure amministrative ivi previste, talvolta per mancanza di conoscenze e competenze specifiche, talaltra perché, disapplicando scientemente la normativa vigente, tentano di evitare di accollarsi i costi della rimozione e dello smaltimento di quei rifiuti.
Ad esempio, dopo l'accertamento del reato e la trasmissione del verbale di sopralluogo della Polizia municipale o dei Carabinieri forestali agli Uffici comunali competenti, l'Amministrazione dovrebbe far partire immediatamente il processo burocratico di rimozione e smaltimento in modo da poter liberare i campi subito dopo il dissequestro del bene. Invece, questo non accade praticamente mai. Anzi, il procedimento amministrativo parte, se va bene, dopo che il Tribunale ha tolto i sigilli. Questo significa che l'agricoltore deve aspettare, oltre ai canonici sei mesi per la conclusione delle indagini, altri lunghi mesi affinché i rifiuti vengano rimossi dal campo, con pesanti ricadute sia dal punto di vista economico che ambientale, visto che essi, non di rado catalogabili come pericolosi, rimangono al suolo per mesi, in balìa degli agenti atmosferici.